17 novembre 2008

Prima degli ultimi

Città in lutto, Duomo affollato, popolazione commossa. Così Como ha salutato il suo vescovo emerito, forse uno degli ultimi personaggi di spessore politico, oltre che religioso della diocesi lariana.
E proprio la politica non ha voluto mancare l'estremo saluto al prelato presentandosi al gran completo in cattedrale a portare il suo omaggio. Chi come me non era presente alle esequie le ha seguite nelle immagini dei media: filmati, scatti, racconti. Uuna fotografia mi ha portato in un banco della cattedrale dove affiancati a un ministro sedevano  il sindaco, il presidente della regione e quello della provincia. Per non far mancar nulla anche un  parlamentare era con loro in pole position, ma osservando la sfilata dei notabili in questione ho avvertito una sensazione di fastidio. Senza scandalizzarmi,  l'istante fissato dal fotografo, mi ha però fatto riflettere. 
La domanda mi è nata sponrtanea: possibile che anche in chiesa e nel partecipare al dolore di un'intera popolazione coloro che si sono meritati il poco gradevole appellativo di 'Casta' si debbano sempre distinguere, isolare, emergere? La risposta fin troppo facile si trova nel dovere istituzionale degli eletti e dovrebbe tacitare il mio dubbio. Ma in una società dove le occasioni di incontro e contatto reale tra rappresentanti e rappresentati andrebbero coltivate e incoraggiate l'illusione che almeno i luoghi sacri siano zona franca, senza gerarchie e priorità non andrebbe infranta.
In fondo il credo celebrato in Duomo è lo stesso che insegna che 'gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi' e senza voler cacciare i nostri rappresentanti in fondo alla coda immagino una popolazione più felice di mischiarsi alla sua classe politica invece di doverla seguire ovunque e in ogni momento. Un ministro ed una pensionata affiancati nel cordoglio avrebbero figurato meglio Como che saluta don Sandro. E non mi è difficile credere che qualche notabile preferirebbe sciogliersi nell'abbraccio della comunità piuttosto che doversi sempre presentare in prima fila. La fascia tricolore o quella della provincia tra le corone funebri avrebbero rappresentato le istituzioni quanto chi le indossava, ma per una volta gli uomini sarebbero stati se stessi e non ciò che figurano.
L'Ordine
16 novembre 2008

14 novembre 2008

Eluana

Eluana per me fino a qualche mese fa non esisteva, nemmeno come parola, troppo brutta per essere un nome, troppo strana per essere voce del verbo eludere.
Poi, un giorno, i media mi raccontano una storia. Una cronaca di leggi, naturali e dello stato, di autorità disputate, di sfide teologiche e filosofiche. Un sovrapporsi di voci di giornalisti, politici, preti a cui mai avrei voluto aggiungere la mia.
Questa mattina, poi, guidando tra notiziari che tentavano di scrivere una parola fine a questa vicenda, improvvisamente ho deciso che invece la mia la voglio dire.
Troppe persone in questa vicenda hanno la Verità in tasca e nessun pudore a svelarla. 
Io no, ma ho una richiesta. A questi personaggi, soprattutto ai politici o a chi si prende la responsabilità di creare barriere all'esecuzione di un provvedimento giudiziario, chiederei un mese di silenzio, traduzione del sempre valido consiglio di contare almeno fino a 100 prima di parlare. Non un mese arido però; che sia fecondo di esperienze.
Invece di portare acqua in Duomo come suggerisce il direttore di un quotidiano,  nelle prossime settimane  suggerirei a questi signori di girare per ospedali in cerca delle molte situazioni simili a quella di Eluana. 
Di sperimentare, conoscere, vivere con cadenza quotidiana i drammi che si sentono autorizzati a dibattere. 
Di amare le figlie dei padri e i padri delle figlie, per un solo mese, nell'ospedale più vicino, nell'orario più agevole. 
Tutti i giorni in quel mese per esporsi non a quel sacrificio (visitare una figlia ammalata porterebbe un padre negli abissi e oltre), ma a quel dolore. Affacciarsi al precipizio di una vita senza scintilla, o meglio, senza anima, se anche loro come me si affidano a un credo.
Trenta giorni con cadenza quotidiana.
Basterebbero ad alleggerire il mondo da tante parole per far più spazio all'amore.

6 novembre 2008

Viaggia con noi

Non ho una videocamera e questo è un 'cameracar' che ha girato Sonia con la macchina fotografica mentre salivamo al Bryce Canyon, nello Utah.
E voglio condividerlo.