9 aprile 2011

Fora de ball

Cori razzisti al Palasampietro? Pur sapendo di correre un rischio incredibile, quello di banalizzare e sminuire una vicenda che invece potrebbe richiedere analisi più attente di quelle di un cronista sportivo, posso affermare che il problema non esiste.
Lo dico con una certa cognizione di causa perché ho assistito alla posa delle fondamenta del più bel palazzetto della provincia e ci ho passato le mie migliori giornate imparando lo sport e l’amicizia. Sotto quegli imponenti archi di legno ho conosciuto alcune tra le migliori persone che frequento, di quegli spogliatoi conosco ogni piastrella, secondo in questo forse soltanto a mio padre che ne ha fatto una seconda casa.
Mi spiego meglio. Raccontano le cronache, di cui purtroppo non sono testimone oculare, di una quindicina di tifosi che alla fine della partita tra Comense e Geas Sesto, giocata nel palazzetto delle nerostellate mercoledì  sera e valevole per il primo turno dei play-off, abbiano insultato con epiteti razziali la giocatrice italiana di colore Abiola Wabara.  La ragazza in questione, dicono abbia reagito alla provocazione guadagnandosi altri insulti e forse anche uno sputo prima di tornare negli spogliatoi. Questa e la cronaca e non la vogliamo mettere in discussione.
Ma se la notizia poi diventa (come su un quotidiano nazionale)  “Como, la cestista è di colore: fora de ball” allora ci tocca protestare.
Cosa sara successo mai? All’improvviso senza nessuna avvisaglia il Palasampietro è diventato un covo di razzisti? Non credo proprio.
Contestualizziamo l’episodio.
Un derby cestistico, una gara importante agonisticamente, un gruppetto di ultras verosimilmente mai presenti al Palasampietro, ma importati dalla curva del Calcio Como di cui sfoggiano uno striscione ed eccitati dalla gara di cartello. Aggiungiamo una giocatrice molto muscolare capace di focalizzare la frustrazione dei tifosi poco incline a lasciarsi insultare passivamente.
Esplode così un battibecco, con un’atleta che non ha paura di far valere le proprie ragioni contro quattro energumeni abbaianti e decide, forse un po’ a sproposito, di affrontare a muso duro i provocatori.
Una decina di imbecilli? Un gesto incivile?  Assolutamente sì, ma non troppo diverso dai tanti che si  vedono nelle strutture sportive, soprattutto, ma purtroppo non soltanto, in quelle dove si gioca a calcio e che non risparmiano nemmeno il mondo dello sport giovanile. Non sarà un caso che l’osservatorio del ministero dell’interno che sorveglia gli episodi di violenza negli stadi voglia vietare la trasferta dei lariani in quel di Cremona.
Quindi? Dobbiamo rassegnarci e tollerare? Assolutamente no. Forse però conviene allontanarci di un passo ed inquadrare il problema nella sua interezza,  non soltanto un dettaglio che non descrive che in minima parte ciò che e veramente accaduto.
Stiamo parlando del fenomeno ultras e la storia ventennale della struttura dice che il Palasampietro ne è quasi totalmente immune.
Di quello sì, posso essere testimone oculare. I pochi eccessi che si sono visti su quelle gradinate sono stati prontamente stigmatizzati e messi sotto controllo da chi vive quel palazzo che ha visto giocarsi finali di scudetto e partite di coppe europee al calora bianco.  I tifosi organizzati sono sempre stati un tutt’uno con la societa eccedendo più nell’affetto verso le ragazze che non nei gesti di violenza. Di ognuno di loro potrei dire il nome ed il cognome, o forse il soprannome e nessuno si è mai fatto notare se non per qualche insulto di troppo nei confronti della terna arbitrale, ma finché non avremo anche arbitri di colore questi non faranno notizia e verranno tranquillamente metabolizzati nel folclore sportivo.
Con questo non voglio affermare che dire a qualcuno “negro di merda” equivalga a dargli dello stronzo, e nemmeno mi sfugge che ad essere insultata sia stata l’italiana di colore e non una giocatrice americana come se ne vedono ogni giorno. Eppure credo che questa sottile distinzione tra l’essere (di colore) e l’appartenere (a una razza) sia più visibile ai lettori di un quotidiano che non a questi frustrati del mercoledì sera che al massimo del giornale faranno un cappello.
A loro dico che il Palasampietro è casa mia (e di molti altri che non tollerano discriminazioni) e non sono ospito graditi.
Se la Comense avra la fortuna di giocarci  ancora quest’anno (vorrà dire che si e qualificata al turno successivo) sarò presente e pronto ad invitare  ad allontanarsi chiunque provi soltanto a rinnovare qualsiasi tipo di insulto razzista. Non servirà coraggio per farlo perché sono sicuro che il 99 percento di chi sarà sulle poltroncine gialle e rosse di Casnate sarà con me, dal presidente Pennestri all’ultimo arrivato tra i tifosi della Comense. “Fora de ball” lo dirò a loro perché nel palazzetto della Comense non hanno diritto di cittadinanza.
Chi grida allo scandalo non avrà cosi braci su cui soffiare dando spazio ai pochissimi imbecilli (repetita iuvant) che non trovando niente di meglio da fare hanno provato ad infiltrarsi tra i tifosi della più titolata squadra di pallacanestro femminile italiana.
A Wabara invece va un abbraccio e l’augurio che possa ritrovare la serenità che permette a una professionista di valore di  ignorare gli insulti di una curva. A lei rinnoviamo l’invito di Oscar Wilde: “Mai discutere con un’idiota. Prima ti porta al suo livello e poi ti batte con l’esperienza”.

5 aprile 2011

Del buon senso

Senza fare troppa demagogia ecco qualche domanda che vorrei che i giornalisti facessero agli immigrati tunisini e che non sono ancora riuscito a sentire:

  • Hai i documenti?
  • Se non li hai perchè?
  • Se li hai perchè hai speso migliaia di euro per un barcone invece di un centinaio per un volo low cost?
  • Dove vorresti arrivare?
  • Come pensi di riuscire a mantenerti a destinazione?
  • Cos'altro sai fare oltre a ciò che rappresenta la tua aspirazione?
Sono le domande di buon senso che farei a uno sconosciuto per accoglierlo in casa mia insieme ai miei cari senza metterli in pericolo e se le risposte fossero convincenti  forse riuscirei a capire meglio perchè permettiamo che un'isola sia invasa da un'orda di migranti superiore alla popolazione locale.