25 aprile 2012

E' qui la festa?

Mi sa che ti debbo spiegare Alessio.
Oddio, una festa è come una barzelletta e se la spieghi...
Comunque oggi è festa nazionale il 25 aprile, san Marco.
Ok, confesso, non è festa nazionale perché è San Marco, ho esagerato un pochettino approfittando del fatto che ancora non sapevi leggere, ma per me queste giornate insieme soli io e te, con la mamma al lavoro, cancellano tutto ciò che c'è intorno.
Ma non divaghiamo.
Il 25 aprile è la festa della Liberazione e se ci pensi non c'è niente di più importante della libertà. Infatti volevo chiamarti Libero, ma questa è  un'altra storia.
Festa della  Liberazione, dicevo eppure girando per il paese, oggi, di segni della festa proprio non ne ho visti. Cercavo un tricolore, un festone al monumento dei caduti che se ce ne sono addirittura due in un paesello come Casnate con Bernate vorrà pur dire che qualcosa quelle pietre hanno significato per chi ha costruito il borgo.
Evidentemente al mio sindaco la libertà non piace, o piace poco. Ma quando tu saprai leggere sarà passato anche lui.
Non ti spiego cose lette nei libri, ma soltanto quelle che so davvero.
Il tuo bisnonno, Luciano, festeggiava il 25 aprile perché per lui, deportato in Germania per avere aiutato ad andare in Svizzera persone che rischiavano la vita, quel giorno si riaccese la speranza. Tornare a  casa, in famiglia, invece di finire la sua vita in un lager.
Suo fratello, Danilo, festeggiava pure lui. Quel 25 aprile valse anche la sua di liberazione. Lui era in Russia con l'esercito invasore del Duce, in una fattoria a lavorare come prigioniero di guerra. I carcerieri lo avevano catturato semicongelato, gli avevano salvato un piede e lo avevano messo ai lavori forzati. Non stava malissimo, diceva, ma libero e a casa era un altro pianeta.
Tuo nonno Angelo era un ragazzino e correva incontro agli americani allo stadio Sinigaglia di Como che erano strani, di tutti i colori e regalavano cioccolato e cicche. Immaginati la festa.
Sua mamma poteva finalmente smettere di cucire camicie nere bestemmiando contro chi gli aveva incarcerato il marito. L'unico modo per mandare avanti la famiglia. Liberazione dal lavorare per il tuo aguzzino.
Noi abbiamo sempre festeggiato questo, caro Alessio, e delle revisioni storiche non ce ne può fregare di meno perché la storia Migliavada del 25 aprile è più o meno tutta li.
In realtà ci sarebbero da raccontare anche le festose partecipazioni della famiglia Migliavada alla corsa non competitiva "Su e giò pai senté", dove riuscivamo a raccattare sempre una coppa per la famiglia più numerosa (non la prima, i Seneca erano troppi).
Festeggia anche quelle, se vuoi, ma per favore, continua a festeggiare.

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