20 agosto 2008

Pronti, partenza, via

Sullo sfondo, nel caldo soffocante, seduti sulle panche, sfoggiando t-shirt con dedica, le pelli scottate da spiagge tropicali o da orti nostrani, ci sono i tifosi: nel torpore che anticipa la cena chiacchierano scambiandosi certezze, con ammiccamenti sapienti, bramosi di novità ed aperitivi. Sembrano rapaci in volo basso a caccia di qualche preda che forse non sazierà, ma potrà dare immediata soddisfazione: qualche pettegolezzo, nota biografica, statistica da recitare.
Sotto i lampi dei fotografi, pochi a dire il vero anche per uno strascico di Ferragosto, loro, i giocatori di basket, volti nuovi e vecchi pronti ad essere immortalati in poster, bandiere, aperture di quotidiani.
Spauriti, come al primo giorno di scuola, continuamente alla ricerca di volti fidati, incuriositi dalla piccola folla che vuole conoscerli.

Sullo sfondo i tifosi, in primo piano gli atleti.
Presentazione della Pallacanestro Cantù, versione 2008-2009.
Spettacolo già visto troppe volte, ma ogni volta capace di regalarti sorprese. Anche quest'anno, mai come quest'anno. Un po' perché in questa stagione si entra in una nuova era. Volenti o nolenti, entusiasti o pieni di rimpianto si vive nel dopo Corrado. Gia dimenticato dai più; ma chi come me e Mauro e Giorgio si era illuso di aiutare la Pallacanestro Cantù del dopo Polti comprando una quota della società, non può che dedicare un grande spazio di quell'angusto archivio che è la nostra memoria al presidente del salvataggio. Grazie.
Poi. E' quasi innaturale trovare una squadra di basket maschile così completa il giorno del ritiro. Assente giustificato soltanto l'ultimo ingaggio, tale Pinkney "pallino", ma non fai in tempo a chiederti dove sia perché già ti rassicurano tutti: in un paio di giorni sarà nostri.
Forse per questo i tifosi sono tanti. Capaci di riempire, compatibilmente col clima torrido del Pianella, una bella fetta della tribuna di fronte alle panchine e costringere l'addetto stampa a presentare gli atleti, agli altri, i tifosi.
Si scoprono così nomi e numeri, partono cabale e pronostici. Poco importa che il nuovo centro lituano, Lydeka Tautvydas, abbia un nome più simile ad uno scioglilingua che a un patronomico. Tanto se non cambierà al più presto acconciatura i più lo chiameranno Nedved e gli chiederanno insieme all'autografo anche qualche palleggio.
O che due annoiati ultras decidano di fischiare Antony Giovacchini, prima ancora che prenda la palla in mano, in nome della sua militanza tra gli odiati milanesi. Un americano tanto intelligente da parlare la nostra lingua con la sua padronanza non sarà sciocco come me e non dedicherà loro nemmeno il lampo di un pensiero. E insieme alla novità di uno statunitense che parla italiano vedo anche un cronista che chiede aiuto a un'improvvisata, ma sapiente, interprete per interrogare uno straniero a stelle e strisce.
In fondo è questa la presentazione. Si dice il proprio nome, si sorride, ci si stringe la mano.
Questo hanno fatto ieri gli uni, i tifosi, e gli altri, gli atleti.
Sembra si siano piaciuti.
Il miglior augurio all'alba di questa nuova era.

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