4 febbraio 2007

Palle

La responsabilità è sempre di qualcun altro.
Muore un poliziotto per una partita di calcio ma è in Sicilia, lontano e basta che riprendano in fretta i campionati.
Io spero che li sospendano. E se ne parli a settembre. Forse.
Giuro che a me piace il calcio. Quando rincorro la palla mi dimentico del quintale accumulato a tormentare le ginocchia e di quanto possa apparirmi lungo un rettangolo verde.
Lei rotola, io la colpisco e mentre il mio cervello fa capriole fantasmagoriche e mi visualizza dribblante-smarcante-segnante io mi trascino quasi rantolante ma felice come si deve essere felici del dono della vita.

Ora però ne ho piene le palle.

Trovo assurdo non solo che poliziotti perdano la vita allo stadio, ma anche soltanto che debbano presidiare una città per una partita.
Che la frustrazione collettiva trovi ogni fine settimana il suo cerimoniale nel 'dagli all'arbitro' perché se mi sento così insoddisfatto di come vivo la colpa è sua.
Che trasmissioni tv vivano soltanto di polemiche dimenticandosi ompletamente del gesto sportivo.
Che chi assale un poliziotto o brucia un cassonetto se ha una sciarpa da ultras al collo non finisca in carcere, ma venga soltanto allontanato dagli stadi.
Che una giornalista sportiva sia invischiata in una sassaiola e le si permetta ancora di scrivere di football.
Che a un cronista sia chiesto di intervistare un capo degli ultras .
Che in un capoluogo di provincia i media seguano con più attenzione una squadra di calcio in serie D di altre realtà meno inquinate e più brillanti.

Ma le responsabilità son sempre di qualcun altro

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