27 febbraio 2008

Moratorie

Il peccato originale fu dei Radicali.
In fondo il termine moratoria lo rispolverarono loro qualche anno fa scovandolo in un cassetto polveroso di Marco Giacinto Pannella, tra una stecca di Galuoises ed il kit per lo sciopero della fame.
Potremmo prendercela con loro, ma non osiamo. In fondo lo scopo era nobile, battagliare la pena di morte.
Quando quel furbacchione di Giuliano Ferrara si riappropiò della parola per pubblicizzare la sua nuova crociata antiabortista le prime avvisaglie della moda verbale cominciarono ad evidenziarsi nella sintomatologia più classica: titoloni sui giornali, politici capaci di inserire moratoria in ogni discorso (preferibilmente inserendola tra 'l'ultima settimana del mese' e 'la questione salariale'), telegiornalisti depressi se nelle loro scalette la parolina magica non compariva.
Così, come spesso accade in questo Paese, caduto l'argine, dall'uso si passò all'abuso e la fantasia(?) di giornalisti e uomini pubblici italici è riuscita a intossicare i lettori inventando le moratorie più inimmaginabili.
Ne invocano una i Formigonleghisti a Malpensa, in questo caso da imporre ad Air France. Come controcanto rispondono in Basilicata chiedendone una ambientalista.
Per evitare lo scontro tra i poli geografici del paese anche in Toscana vogliono la loro, questa volta volta sulla tramvia a Firenze.
Satolli? Mettetevi comodi perché siamo solo agli antipasti.
Il piatto forte potrebbe essere una bella moratoria sui clandestini bengalesi, con contorno internazionale di pignoramenti Usa ben condito dal rinvio della chiusura di uffici postali.
Dulcis in fundo una bella moratoria sugli allarmismi, non troppo saporita ma leggerina.
Soddisfatti? Io no. Voglio esagerare.
Propongo una bella moratoria sull'uso della parola moratoria. Due anni, dovrebbero bastare. Tanto poi si dimenticheranno tutti (quelli che lo sanno) cosa significhi.

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